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“Three Letters from Sarajevo!” Goran Bregović torna a Roma nel 2019

Sui siti specializzati nel ticketing di eventi sono già acquistabili i biglietti per le due date ufficiali, 31 marzo e 15 aprile. Le date sono quelle dei due concerti che Goran Bregovic ha fissato a Roma per il 2019. Il musicista bosniaco porterà il suo ultimo disco, “Three Letters From Sarajevo!” (inciso nel 2017), prima all’Auditorium Parco della Musica e poi al Teatro Brancaccio.

Bregovic avrà con sé una formazione molto variegata composta da 18 elementi. Lui, come sempre, suonerà chitarre e sintetizzatori; l’orchestra da lui attentamente selezionata, invece, sarà composta da una band gitana di fiati, un sestetto di voci maschili, un duo di voci bulgare e un quartetto d’archi.

Il compositore, nato a Sarajevo nel 1950 da madre serba e padre croato, è cresciuto nello stesso ambiente, appartiene alla stessa generazione ed è sfuggito agli stessi pericoli di Emir Kusturica, con il quale ha formato un tandem in cui la complicità è stata tale da non aver più bisogno di parole per esprimersi. Bregovic fu autore infatti, tra gli altri lavori, di quasi tutte le colonne sonore dei lungometraggi del regista.

A grande richiesta, Bregovic ha più volte spiegato, nelle numerose interviste rilasciate, il significato di questo titolo, “Three Letters From Sarajevo”. Ha rivelato come ognuna delle tre lettere del titolo rappresenti i gruppi religiosi che hanno scandito (e scandiscono tuttora) la sua esistenza. Questa simbologia, come ha ribadito lo stesso Bregovic, è ben presente anche nel discorso musicale. Infatti il secondo volume del disco, uscito nel 2018, è un concerto per tre violini solisti ed orchestra sinfonica, dove ogni assolo di violino è suonato a seconda della matrice religiosa; alla maniera classica, propria dei cristiani, alla maniera “klezmer” propria della cultura ebraica e alla maniera orientale, propria dei musulmani.

Bregovic ha spiegato chiaramente quale ambizioso disegno ci fosse dietro alla moltitudine di concetti e metafore di questo album: quello di rappresentare una dimensione ideale dove le barriere dovute alla diversità religiosa fossero abbattute completamente, dove i rapporti umani potessero essere all’insegna della convivenza pacifica. Una dimensione ideale che lui auspica fortemente ma sulla quale nutre un forte pessimismo, come testimonia la storiella, raccontata in uno dei testi dell’album, dell’ebreo che cerca invano da tanto tempo tracce di Dio presso il Muro del Pianto. Il musicista, ricordando alcuni aspetti della sua avventurosa biografia, ha dimostrato quanto sia legato lui stesso a doppio filo con questi temi. Il padre e la madre, infatti, sono l’uno cattolico e l’altra ortodossa, mentre la moglie è di religione musulmana.

Bregovic si sente in qualche modo l’incarnazione del suolo della natìa e multietnica Sarajevo, un suolo calpestato contemporaneamente da persone di etnie e religioni diverse.
Del resto anche la sua musica rappresenta una sorta di “terra di frontiera”: è la commistione, unica nel suo genere, di stili diversissimi tra di loro quali la musica polifonica tradizionale dei balcani ed il tango che si fondono in un solo particolarissimo sound dal tocco inconfondibile. Una musica contaminata ulteriormente dalla cultura popolare tzigana, da cui Bregovic è stato notevolmente influenzato sin dai primi passi compiuti da musicista.

Il compositore bosniaco ha anche parlato nel dettaglio di entrambi i volumi di “Three Letters from Sarajevo!”. Ha sottolineato le differenze (il primo volume ha delle connotazioni marcatamente “pop”, mentre il secondo, come già accennato, è un vero e proprio concerto di musica sinfonica), ha citato le partecipazioni illustri ed ha ribadito la coabitazione (più che mai vincente) di musicisti di religione ebraica, cristiana e musulmana.